Il D.lgs. 231/2001 sulla Responsabilità delle persone giuridiche

responsabilità delle persone giuridiche

Il 4 luglio del 2001 è entrato in vigore il D.Lgd. 231/2001 che ha adeguato la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali, alle quali l’ Italia aveva da tempo aderito.

Il decreto reca le disposizioni normative concernenti “la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” e ha introdotto una grande novità per il diritto d’impresa, ponendo a carico delle società una responsabilità amministrativa/penale per una serie di reati commessi da propri amministratori, dirigenti, dipendenti o terzi mandatari, qualora siano stati realizzati nell’interesse o a vantaggio dell’impresa e siano stati resi possibili da carenze nella struttura organizzativa dell’impresa stessa. 

Le società possono sottrarsi a responsabilità – e quindi all’irrogazione delle relative sanzioni – qualora abbiano adottato, prima della commissione del fatto – reato, un idoneo modello organizzativo e gestionale, dotato delle caratteristiche previste nel decreto 231.

 

Natura e caratteri della responsabilità delle persone giuridiche

La responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato è un tipo di responsabilità che possiede caratteristiche proprie della responsabilità amministrativa  e della responsabilità penale

Competente ad accertare la responsabilità è il giudice penale. La responsabilità, infatti, nasce dalla commissione da parte di soggetti apicali dell’ente o di soggetti gerarchicamente subordinati dei reati previsti dal decreto ed è la manifestazione della cosiddetta colpa di organizzazione dell’ente.

Quando viene accertata la responsabilità l’ente è soggetto a delle sanzioni di natura amministrativa.

Gli enti possono sottrarsi alla responsabilità amministrativa ex decreto legislativo 231/2001 quando si adoperano per la prevenzione degli illeciti penali previsti dal decreto mediante l’adozione di un modello di organizzazione e gestione per la prevenzione di tali reati.

 

I requisiti del modello (art. 6, II comma) 

Ai sensi del secondo comma dell’articolo 6 del decreto, il modello di organizzazione e gestione deve:

    • individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; ovvero, una volta individuate le fattispecie di reato, stabilite dal decreto legislativo n. 231/2001, che interessano la società, si procede con l’identificazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi tali reati anche in considerazione delle possibili modalità attuative dei comportamenti;
    • prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; il modello organizzativo deve essere dotato di un sistema dei c.d. protocolli, ovvero un insieme di regole e procedure ispirate dall’esigenza di verificare e documentare le fasi del processo decisionale;
  • individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; il modello organizzativo deve prevedere dei meccanismi volti a garantire la tracciabilità di tutte le attività e flussi finanziari;
  • prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; il modello organizzativo dovrà prevedere flussi informativi periodici in relazione ad una determinata area a rischio e procedure volte a garantire la riservatezza degli autori delle informative;
  • introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; Per l’attuazione efficace del modello organizzativo, l’ente dovrà dotarsi di un sistema disciplinare avente come destinatari sia i soggetti in posizione apicale che quelli in posizione subordinata.

 

I REATI PRESUPPOSTO

Il modello di responsabilità illustrato dal D.Lgs. 231/2001 è improntato sulla commissione di uno dei reati c.d. presupposto da parte di un soggetto inserito nella struttura organizzativa dell’Ente, nell’interesse o a vantaggio di quest’ultimo. 

La sezione III (artt. 24 e seguenti) è dedicata all’elenco delle fattispecie di reato idonee a fondare la responsabilità amministrativa della persona giuridica.

Trattasi delle seguenti macro – categorie: 

  • indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico (art. 24)
  • delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24 bis)
  • delitti di criminalità organizzata (art. 24 ter)
  • peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio (art. 25) 
  • falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e strumenti o segni di riconoscimento (art. 25 bis) 
  • delitti contro l’industria o il commercio (art. 25 bis 1) 
  • reati societari (art. 25 ter) 
  • delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25 quater) 
  • pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25 quater 1)
  • delitti contro la personalità individuale (art. 25 quinquies)
  • abusi di mercato (art. 25 sexies) 
  • omicidio e lesioni colpose commessi in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies) 
  • ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o  utilità di provenienza illecita (art. 25 octies) 
  • delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti e trasferimento fraudolento di valori (art. 25 octies 1) 
  • violazione del diritto di autore (art. 25 novies) 
  • induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25 decies)
  • reati ambientali (art. 25 undecies) 
  • Impiego di cittadini di altri paesi con soggiorno irregolare (art. 25 duodecies) 
  • Razzismo e xenofobia (art. 25 terdecies)
  • Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o scommessa e giochi d’azzardo esercitati con apparecchi vietati (art. 25 quaterdecies) 
  • Reati tributari (art. 25 quinquiesdecies)
  • Contrabbando (art. 25 sexiesdecies) 
  • Delitti contro il patrimonio culturale (art. 25 septiesdecies)
  • Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 25 duodevicies)

 

IL MODELLO 231 È OBBLIGATORIO?

Il modello organizzativo 231 non è obbligatorio. 

È evidente tuttavia che la società che per risparmiare sui costi trascuri di adottarlo, andrà senza dubbio incontro a delle sanzioni ben peggiori al sussistere dei presupposti specificati nella normativa. 

Sebbene il Legislatore non codifichi l’obbligatorietà del modello 231, nel corso degli anni, innumerevoli sono state le iniziative di legislazione regionale nella direzione di imporre l’adozione del modello per ottenere o mantenere l’accreditamento in alcuni settori specifici.

Per esempio, la Regione Calabria, con la legge n. 15 del 21 giugno 2008, richiedeva alle imprese che operavano in regime di convenzione con la stessa di adeguarsi a tale modello.

La Regione Lombardia con il decreto n. 5808/2010 ha reso l’adozione e implementazione del modello una conditio sine qua non per consentire l’iscrizione all’albo regionale degli operatori per i servizi di istruzione e formazione professionale.

Ed ancora il Nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 36/2023), ha notevolmente valorizzato l’adozione del modello organizzativo: l’art. 96  conferisce alla stazione appaltante il potere di valutare la riorganizzazione della Società a seguito di una contestazione o condanna per illecito dipendente da reato; l’art. 95 valorizza gli effetti dell’illecito professionale, e l’art. 98 richiama espressamente i reati di cui al D.Lgs. 231/2001.

Quanto alla comparazione tra i costi di investimento per l’adozione del modello organizzativo e i benefici, basti rilevare che il Nuovo Codice degli Appalti all’art. 106 dispone che gli operatori che possiedono una o più certificazioni di cui all’all. II.13 (tra cui il modello organizzativo, richiamato dal D.L. 1/2012 e dalla delibera n. 13779/2012 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, richiamati nell’allegato), si avvalgono di una garanzia ridotta del 20% del valore complessivo della procedura.

 

CONCLUSIONE

Emerge, da questo breve excursus, la natura special-preventiva del D.lgs. n. 231/2001 al fine di evitare che l’ente venga sanzionato se ha efficacemente attuato una politica interna di repressione dei reati.

Non vi è quindi nessuna obbligatorietà del modello 231 imposta dalla legge, ma la direzione verso la quale si sta procedendo, da diverso tempo ormai, è quella di un’obbligatorietà de facto.

avv. Massimo Caria

dott. Alessio Grazioso

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