La cassazione apre all’adozione internazionale anche per le coppie non sposate?

adozione internazionale

La Corte di Cassazione Civile, sez. I Con la sentenza n. 35437 del 19.12.2023 apre ad un importante principio in tema di adozione internazionale.

La vicenda nasce dalla richiesta di una coppia non sposata con doppia cittadinanza, italiana e statunitense.
Per il riconoscimento in Italia della sentenza di adozione di una minore pronunciata dal Tribunale distrettuale della contea di Bexar, in Texas, nel 2017.

Dopo l’iniziale diniego alla trascrizione, da parte del Comune di Milano, per non essere stati rispettati i requisiti normativamente previsti, in quanto i ricorrenti:

  • Non risultano legati da vincoli di matrimonio
  • Non hanno ottenuto l’idoneità all’adozione internazionale
  • Non hanno seguito il percorso adottivo indicato dagli artt. 29 – 36, l. n. 218/1995

la coppia ha adito la Corte d’Appello di Milano che ha respinto il ricorso e confermato il diniego, in quanto “l’adozione è stata fatta da cittadini italiani nei confronti dei quali deve essere applicata la disciplina in vigore nella Repubblica Italiana, in particolare l’articolo 36 della legge n. 184/1983, non risultando che la cittadinanza originaria italiana (avendo gli appellanti acquisito quella statunitense successivamente) sia mai stata da loro rinunciata”.

La questione è giunta fino alla Suprema Corte che nelle ragioni della decisione, spiega: “la Corte d’appello ha errato nel ritenere che il cittadino italiano, anche se munito di doppia cittadinanza, che abbia adottato all’estero, deve attivare la procedura ex art.36 L. 184/1983, con la conseguente applicabilità della legge italiana circa i presupposti per l’adozione , (tra cui quello del vincolo di coniugio).

Infatti, tale procedura, “si riferisce alle adozioni internazionali ossia alle adozioni che, in forza del disposto dell’articolo 2 della Convenzione dell’Aja, hanno come elemento caratterizzante lo sradicamento del minore dal proprio Stato d’origine”.

L’adozione ottenuta dai ricorrenti – prosegue la decisione -, nei confronti di una cittadina statunitense, per nascita, “è un’adozione estera (interna, come la definiscono i ricorrenti) e non un’adozione internazionale” con l’applicazione dell’art. 41, comma, d.i.p., relativo al riconoscimento automatico, difettando in radice la ragion d’essere propria della Convenzione dell’Aja quindi della relativa disciplina interna  “non comportando il riconoscimento dell’adozione straniera alcuno sradicamento del minore dallo Stato di origine e non potendo essere considerata la stessa alla stregua delle adozioni di comodo, ottenute da uno Stato straniero al fine aggirare la più rigorosa disciplina interna”.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui: “ove ricorrano le condizioni per il riconoscimento della sentenza di adozione straniera, ex art.41, comma 1. L.184/1983, la mancanza di vincolo coniugale tra gli adottandi non si traduce in una manifesta contrarietà all’ordine pubblico, ostativa al suddetto riconoscimento automatico degli effetti della sentenza straniera nel nostro ordinamento, anche a prescindere e dall’accertamento in concreto della piena rispondenza del provvedimento giudiziale straniero all’interesse del minore”.

Quindi, sempre secondo La Suprema Corte si può affermare che “il riconoscimento della sentenza di adozione risponde al principio del “best interest of the child” con il riconoscimento dello status filiationis da parte dello Stato di provenienza dei genitori adottivi e l’acquisto della cittadinanza italiana, cui consegue la possibilità di trattenimento nel territorio italiano, anche oltre il periodo massimo consentito dalle norme sull’immigrazione”.

La sentenza rappresenta un passo avanti significativo per le coppie non sposate che desiderano adottare all’estero e conferma, oltre al centrale aspetto del benessere del minore, un nuovo orizzonte del concetto di famiglia.

avv. Massimo Caria

dott. Alessio Grazioso

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