Bancarotta fraudolenta documentale

L’art. 216 della L.F. , al n. 2 del 1° comma, punisce l’imprenditore che ha sottratto, distrutto o falsificato, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o dire care pregiudizio ai creditori, i libri e le altre tenute contabili o li ha tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società fallita.

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta documentale, tuttavia, non è sufficiente il solo fatto materiale che lo stato delle scritture contabili sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, perché questo costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa, meno grave, fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma 2, L.F.

Va infatti provato anche il dolo (generico) della consapevolezza, in capo all’amministratore, che la difettosa tenuta delle scritture possa rendere impossibile agli organi della procedura fallimentare la ricostruzione del patrimonio o il movimento degli affari della fallita. Questo è il principio espresso dalla Cassazione Penale n. 21025 del 2020.

Avv. Massimo Caria